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Le Amazzoni
erano donne che avevano una loro regina; la loro dimora era un’isola che si estendeva per mille miglia nelle quattro direzioni della terra, circondata da ogni parte da un fiume che non aveva né inizio né fine. In questo fiume si trovavano dei pesci delicatissimi da mangiare e facilissimi da catturare.
Vi si trovavano anche altri pesci dalla forma di grandi cavalli, con quattro piedi assai ben disposti, un collo abbastanza lungo, una testa piccola e orecchie appuntite.
Quando le Amazzoni lo desideravano li cavalcavano per tutto il giorno e di notte li lasciavano tornare nell’acqua. Ve ne erano anche altri che avevano la forma di cavalli bellissimi o di muli oppure di buoi e di asini, con cui le Amazzoni aravano, seminavano, trascinavano legna, pietre e qualunque cosa desiderassero.
Ve ne erano anche altri che avevano la forma di cani piccoli e grandi, così veloci nella corsa e così abili nella caccia che nessuna bestia poteva fuggire davanti a loro o nascondersi senza che subito fosse catturata. Di questi si servivano per procacciarsi da mangiare.
Queste donne non vivevano con i loro uomini, né questi ultimi osavano andare dove esse dimoravano, a meno che non volessero morire all’istante. Essi abitavano sull’altra sponda del fiume di cui si è detto.
Era infatti stabilito che qualsiasi uomo mettesse piede sulla loro isola morisse all’istante. Le Amazzoni si recavano di tanto in tanto dai loro uomini e restavano con essi una settimana o quindici giorni, dopodiché ritornavano nella loro isola.
Quando nascevano i bambini li allevavano fino all’età di sette anni e poi li restituivano ai loro padri. Quando invece nascevano delle bambine le trattenevano presso di loro.
Queste Amazzoni erano abilissime in guerra, soprattutto con l’arco e con le aste. Le loro armi erano d’argento, perché non possedevano altra lega né altro metallo all’infuori dell’argento, e con questo fabbricavano aratri, zappe, asce e altri arnesi. Possedevano anche cavalli mortali fortissimi e velocissimi sui quali combattevano, e dai quali abilmente uccidevano i loro nemici, colpendoli da tutti i lati.
Sul cavallo avevano la capacità di ruotare più velocemente della ruota di un vasaio. Anche nella corsa erano molto abili, e se cominciavano a correre nello stesso momento in cui veniva scoccata una freccia dall’arco, prima che essa cadesse a terra la afferravano con una velocissima corsa.
Si narra che fossero anche al servizio di Prete Gianni, e quando venivano reclutate per qualche combattimento, il loro numero superava il milione di unità.
Spesso, durante i combattimenti, i loro mariti le seguivano, non per combattere, però, ma per onorarle quando tornavano vittoriose dalle battaglie.
Non si sa con precisione come siano scomparse; una delle tante leggende circa la loro morte vuole che la loro fine sia legata all’impresa di un tale Lamissione.
Costui, figlio di una meretrice che aveva messo al mondo sette figli in un solo parto, era stato gettato in un fiume insieme ai suoi sette fratelli, e riuscì a salvarsi solo grazie all’aiuto e alla carità di un re longobardo, re Agilmondo.
Divenuto un giovane coraggioso e un ardente guerriero, alla morte del re meritò la guida del regno. Un giorno mentre i Longobardi, nel corso di una loro migrazione, si trovarono il passaggio di un fiume impedito dalle Amazzoni, Lamissione si inoltrò nella corrente a combattere a nuoto con la più forte di loro, la loro regina, e la uccise procurando a sé gloria e lodi, e ai Longobardi il passaggio.
Tra le due schiere si era stabilito in precedenza questo patto: se l’Amazzone avesse vinto Lamissione, i Longobardi si sarebbero allontanati dal fiume; ma se essa fosse stata vinta, i Longobardi avrebbero potuto attraversarlo.
Fonte: Web
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