C'era a Messina un Principe ricco quanto avaro, che faceva apparecchiare due volte al giorno con una fetta di pane, una fetta di sopressata sottile come un'ostia e un bicchiere d'acqua. Teneva un solo cameriere, e gli dava due tarí al giorno, un uovo e tanto pane quanto bastava per inzupparlo nell'uovo.
Cosí succedeva che nessun cameriere resisteva con lui piú di una settimana; dopo pochi giorni si licenziavano tutti. Gli capitò una volta un cameriere che era una birba matricolata, che se il padrone le sapeva tutte, lui era capace anche di cavargli le scarpe e le calze mentre correva.
Questo cameriere, a nome Sor Giuseppe, quando vide come si mettevano le cose, andò da una carbonaia che aveva bottega vicino al palazzo, donna danarosa e madre d'una bella ragazza, e le disse: - Comare, la volete sposare vostra figlia?
-Volesse Dío che trovasse un bravo giovane, Sor Giuseppe, - rispose la donna. - E il Principe come vi sembra? -Il Principe? E non lo sapete com'è pidocchioso? Quello per non spendere un soldo, si farebbe cavare un occhio. -Comare, se date retta a me, vi combino il matrimonio. Solo dovete dire che vostra figlia campa di vento. Sor Giuseppe andò dal Principe: - Signor padrone, ma vossignoria perché non si sposa?
Ormai ha già i suoi annetti e il tempo passa e non torna piú... -Ah! Tu mi vuoi morto! - fece il Principe. - Non lo sai che per mantenere una moglie ti corron via i quattrini come acqua? Cappelli, vesti di seta, piume, scialli, carrozze, teatri... No, Giuseppe, niente da fare! -Ma non lo sa vossignoria che c'è la figlia della carbonaia, quella bella ragazza, che campa di vento? E danari ne ha già, lei di per sé, e non ama né lusso né feste né teatri. - Ma va'! Come fa a vivere di vento? - Tre volte al giorno prende un ventaglio, si fa vento, e cosí si toglie l'appetito. E ha una faccia paffuta che si direbbe mangi bistecche.
- Be', fammela un po' vedere. Sor Giuseppe combinò tutto e dopo otto giorni si fece il matrimonio, e la carbonaia diventò Principessa. Ogni giorno andava a tavola, si sventolava col ventaglio e il marito la guardava tutto compiaciuto. Poi sua madre di nascosto le mandava polli arrosto e cotolette e la Principessa e il cameriere si facevano delle belle scorpacciate. Passò un mese, e alla carbonaia dover spendere sempre di tasca sua cominciò a pesare e cominciò a lamentarsi col cameriere:
- Be', compare, per quanto ancora dovrò pagare tutto io? Ci mettesse qualcosa anche questa pigna del tuo Principe! Il Sor Giuseppe disse alla Principessa: - Lo sai cosa devi fare? - (perché lui davanti agli altri le diceva: Principessa, vossignoria qua, vossignoria là; ma faccia a faccia le dava del tu). - Di' al Principe che ti piacerebbe vedere le sue ricchezze, cosí solo per toglierti la curiosità. Se lui dice che ha paura che ti rimanga qualche moneta appiccicata alle scarpe, di' che sei disposta ad andarci scalza.
La Principessa cominciò a dirlo al Principe, ma lui torceva la bocca, e non c'era verso di convincerlo. E lei a insistere, che era pronta ad andare anche scalza, e alla fine gli strappò il consenso. Allora il Sor Giuseppe le disse: - Presto, ungiti di colla tutto l'orlo della sottana! - e la Principessa cosí fece. Il Principe sollevò una tavola dell'impiantito, aperse una botola e la fece scendere. La giovane rimase a bocca aperta, c'erano i dobloni da dodici onze' gettati a catasta, che nemmeno i primi Re del mondo ne avevano la metà. E mentre guardava con grandi - Oh! - di meraviglia, facendo finta di niente sventolava intorno la gonna e l'orlo si riempiva di monete appiccicate. Quando si ritirò in camera sua, se le spiccícò e ne fece un bel mucchietto, che il Sor Giuseppe portò alla carbonaia.
Cosí continuarono le loro scorpacciate, mentre il Principe la vedeva agitare il ventaglio ed era sempre piú felice d'avere una moglie che viveva di vento. Una volta che il Principe era a passeggio con la Principessa, incontrò un suo nipote che non vedeva mai. - Pippinu, - gli disse, - la conosci questa signora? -E' la Principessa - -Zio, non sapevo che vi foste sposato! -Non lo sapevi? Ora lo sai.
E resti invitato da noi tra otto giorni. Dopo avergli fatto quest'invitco, il Principe ci ripensò e si pentí. " Adesso chissà quanto dovremo spendere! Che razza d'idea ho avuto! " Ma ormai non c'era niente da fare: bisognava pensare a preparargli un pranzo. Al Principe venne un'idea: - Sai cosa ti dico, Principessa? La carne va cara e comprarla è una rovina. Ma invece di comprarla, posso prenderla andando a caccia. Piglio il fucile, sto fuori cinque o sei giorni, e ti porto tanta di quella selvaggina senza spendere un quattrino. - Sí, sí, Principe, ma fate presto, - lei gli rispose. Appena il Principe fu partito per la caccia, la Principessa mandò Giuseppe a cercare un fabbroferraio. - Maestro, - disse al fabbroferraio, - fatemi subito la chiave di questa botola, che l'avevo e ora l'ho persa e non riesco ad aprire. In men che non si dica ebbe una chiave che apriva a perfezione, scese nel sotterraneo e portò su un po' di sacchi di dobloni.
Con quel mucchio di quattrini fece tappezzare tutte le stanze, fece mettere mobili, lampadari, portali, specchiere, tappeti, tutte le cose che usano nei palazzi dei principi: perfino il guardaportone con la livrea fino ai piedi e il bastone con la palla in cima. Torna il Principe: - E com'è? Non era questa la mia casa? Si strofina gli occhi, si volta, torna indietro. - Ma dov'è andata a finire? - E continua a girare avanti e indietro. -Eccellenza, - gli dice il guardaportone, - cosa cerca vostra Eccellenza? Perché non entra? - E sarebbe questa, casa mia? - E di chi, se no? S'accomodi, Eccellenza. -Ih! - fece il Principe dandosi una manata sulla fronte, Gesú! Tutti se li è spesi i miei quattrini, mia moglie! Entrò di corsa: vide le scale di marmo bianco, la tappezzeria ai muri: - Ih! Tutti, tutti, mia moglie! Vide specchi e sottospecchi, sofà, divani, poltrone. - Ih! Tutti, mia moglie! Arrivò in camera sua e si buttò a letto lungo disteso. - Che avete, Principe? - gli disse la moglie. -Ib... - faceva lui con un fil di voce, - tutti, mia moglie...
La moglie, lesta, andò a chiamare un notaío e quattro testimoni. Venne il notaio: Principe, che avete? Volete far testamento? Dite... Tutti... mia moglie... Come? Come dite? Tutti... Mia Moglie... Volete lasciar tutto a Vostra rnoglie? Sí, ho capito. Va bene cosí? Tutti... Mia moglie... E mentre il notaio Scriveva, il Principe boccheggiò ancora un paio di volte, e poi morí.
La Principessa restò Padrona assoluta, e uscita dal lutto sposò il Sor Giuseppe, e cosí andò a finire che i danari dell'avaro se li mangiò lo scroccone. (Palermo).
Fonte: xoomer.virgilio.it