Ora io canto
La luna é una piccola falce bianca
E tiene in equilibrio il suo piccolo residuo
Nell’ultima curva del mese.
Dormono le miei figlie
Sul sedile posteriore del furgone
E bianche nuvole emanano nell’oscuritá.
Al caldo sono coricate,
tra montagne morbide di panni e coperte.
E della nonna si sognano,
le mie care bimbe,
dell’odore del focolare,
e della carne di montone
come se giá fossero a casa.
Mi volto ed osservo
Come la distanza dietro di noi si perde,
tra le luci tremolanti
dei fanalini di coda,
mentre forme e contorni ben definiti
di colline e altipiani
si profilano all’orizzonte
per poi digradare e scomparire lentamente,
nella chiara notte invernale.
E intanto io canto,
ripensando a mio padre
e a tutti i suoi doni
e a quando si curvava su di me
e le orecchie tendeva per ascoltarmi,
mentre io imparavo.
“Sí, ho capito!” era solito rispondermi
e poi cantava una di quelle vecchie canzoni.
Cantava, e l’eco della voce si disperdeva
Fino alla radice dei miei capelli,
fino ai pori della mia pelle,
e dentro, nei sogni delle miei bimbe.
E io ora canto
Per la notte
Per la luna, quasi svanita
E per la terra
Che ondeggiante
Fluttua sotto le chiare stelle
Della notte gelida
~ Luci Tapahonso ~ (Indiana Navajo)
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